Discriminazione, negligenza, e la famiglia omogenitoriale nell’Italia che (non) vorrei

MaVi
8 min readJun 8, 2023

Avevo un anno quando i miei genitori si sono lasciati. I primi ricordi della mia vita sono ambientati a casa di mia nonna, insieme a mia zia e mia mamma. La mamma lavorava tutto il giorno e ogni tanto mi portava con sé in officina, la zia mi cantava Sara Svegliati a Primavera come ninna nanna, chissà perché, e la nonna mi cucinava il purè con le carote e il prosciutto quando ero giù di morale.

Il mondo sa essere crudele anche con i bambini, ma a casa con mia nonna, mia zia, e mia mamma, io ero sempre amata ed al sicuro. Mia zia si è trasferita in un altra città per creare la sua famiglia, ed io, fra traslochi e vicissitudini ho vissuto con mia nonna e mia mamma per la maggior parte della mia gioventù.

Quando non abitavo da mia nonna, che per me è stata un genitore, andavo a trovarla tutti i giorni. Il suo amore, consistenza, disciplina, la sua protezione, e l’esempio che mi dava, mi aiutano ogni giorno a decenni di distanza ad essere forte e prendere le decisioni giuste.

Col tempo e con l’adolescenza la nonna ed io, mentre la mamma era al lavoro, parlavamo di tutto e non eravamo mai d’accordo — dalla religione, alla politica, ed alla filosofia, però parlavamo sempre di tutto. La nonna era fortemente contraria alle famiglie omogenitoriali, ed io che da adolescente iniziavo ad intuire di non essere eterosessuale, le chiesi cosa avrebbe fatto se fossi stata lesbica. Lei rispose che mi avrebbe amata lo stesso.

Fast forward al 2023. Dopo una vita costruita all'estero, sono tornata in Italia, questa volta senza la nonna, che è venuta a mancare nel 2020. Sono tornata per concludere dei corsi universitari, ma anche perché avevo bisogno della mia famiglia e di un clima più clemente. In altre parole, tornare in Italia non è stata una vera e propria scelta, ma piuttosto un’opzione che aveva senso fruttare al meglio.

Così sono tornata a Milano ed ho deciso di riparare il mio rapporto di amore ed odio l’Italia che avevo lasciato molto tempo fa. Ho cambiato lavoro per tornare in Italia ed adesso ho un ruolo inferiore, vengo pagata di meno, lavoro più ore, e comunque non faccio ciò che mi piace. Tutto sommato ok però, almeno mi posso godere la mamma, e anche quando sono triste, posso esserlo sotto al cielo azzurro! No?

Da poco ho una fidanzata che sta in Spagna. Ha le idee molto chiare: vuole una famiglia, dei bambini, un’orticello, un paio di cani, e qualche gallina. Uno stereotipo lesbico che lei conferma ridendo — Porque no?!

Perché no?, in effetti, mi chiedo. Nella mia vita l’importanza della famiglia e della sua stabilità è sempre stata chiara! Il mio nucleo familiare non è mai stato omogenitoriale, ma è stato composto da tante persone diverse, a volte sparse in città distanti, a volte persone nuove ed a volte persone che purtroppo se ne sono dovute andare prematuramente.

Eppure io sono cresciuta in salute, ho viaggiato, ho concluso triennale e master, lavoro in un’azienda molto rispettata, sono piena di amici, mai commesso un crimine, mai fatto davvero male a nessuno… Insomma, mi dico, magari non ora, magari non con lei, ma anche a me potrebbe piacere avere una famiglia!

Ho dei parenti all'estero che hanno dai cinque agli otto figli per coppia, tutti cugini che vivono come in una tribù di testoline bionde e sorridenti. Che figata, mi dico, e comunque, anche se non dovessi mai effettivamente creare una famiglia, vorrei sapere di avere la possibilità di farlo. No?

Ed allora inizio a fare qualche ricerca. Ed ecco che arriva la botta. La risposta dello Stato Italiano è “no, te Vittoria, in quanto lesbica, non avrai mai una famiglia al pari degli altri cittadini Italiani. Perché la gente come te non va bene per crescere dei bambini- che poi diventano gay e si confondo tra maschio e femmina. Mi spiace per te, ma meglio evitare dai, torna a lavorare grazie”

Io provo a convincere lo Stato “ma no! Guarda che se non te lo avessi detto io che sono lesbica non mi avresti mai distinta dagli altri!” Ma non ottengo risposta, e la ricerca continua.

In Italia, le coppie omosessuali non hanno accesso al matrimonio egualitario ma all'unione civile, che non prevede la possibilità di adottare e non riconosce la coppia come “unione familiare” ma come “formazione sociale.”

Nelle unioni civili, tra l’altro, non è contemplato l’obbligo di fedeltà, e subito mi appare la bionda di Mean Girls che dice “voi gay lo sappiamo che siete promiscui, vi facciamo un favore!”

La fecondazione assistita è permessa solo alle coppie eterosessuali, mentre la gestazione per altri è vietata del tutto. In entrambi i casi, fino ad oggi le coppie omogenitoriali hanno concepito all'estero e portato i nascituri in Italia (anche se alcuni partiti vorrebbero vietare anche questo).

In tutti i casi, i nascituri vengono riconosciuti come figli del solo genitore biologico. Infatti, a differenza di quanto accade per il matrimonio, in cui i bambini nati vengono considerati dalla legge figli di entrambi i genitori, i bambini nati durante l’unione civile saranno figli del solo genitore biologico.

A quel punto, il genitore non biologico dovrà adottare il bambino. Però le coppie non possono procedere ad un’ adozione co-parentale, ovvero adottare il figlio del partner, ma devono rivolgersi al Tribunale dei minori per richiedere “l’ adozione in casi speciali”, ed aspettare che il tribunale incarichi i servizi sociali di fare una relazione sulla situazione familiare, sul legame affettivo del secondo genitore con il bambino o la bambina, sulla sua capacità genitoriale, e sulle condizioni di vita del minore, in combinazione a controlli psicologici, controlli della casa, ed in alcuni casi, testi HIV e test epatite.

Quando, dopo vari passaggi, arriva la relazione dei servizi sociali, il giudice incaricato di sentire le parti manda il fascicolo al Pubblico ministero minorile. Il pm può quindi dare parere positivo (se la relazione dei servizi non lascia trasparire elementi critici) o negativo, per poi inoltrarlo alla camera di consiglio in modo che i giudici emettano la sentenza. Chissà quanto incidono queste pratiche sul lavoro dei giudici, gli assistenti sociali, i pm, che spesso sono così oberati da dover chiedere proroghe.

In breve, se volessi creare una famiglia in Italia dovrei accettare di far entrare i servizi sociali in casa e combattere in tribunale per anni come una criminale, per, comunque, non avere la piena protezione della mia unione e dei miei ipotetici bambini.

Come se non bastasse, la coalizione di governo ha presentato un disegno di legge che dichiara la Gestazione per Altri (GpA) come reato universale, equiparandola a reati quali terrorismo, traffico di droga, e pedopornografia. In questo modo qualsiasi italiano acceda alla GpA anche all'estero sarebbe perseguibile anche penalmente.

Da notare che i paladini dei diritti di facciata del PD si sono opposti agli emendamenti proposti da Europa+ per depenalizzare la GpA, che chiedevano di quantomeno eliminare la pena carceraria e diminuire le multe.

Questi politici si disegnano femministi, in quanto “i corpi delle donne non sono in affitto!” Ma se davvero gli importasse delle donne, punterebbero a preservare la loro libertà di scelta e autodeterminazione, considerando le GpA a titolo altruistico, quindi gratis, non a pagamento.

Più faccio ricerche su questo tema, più mi arrabbio, e più contenuti mi vengono mostrati anche sui social. Ma se io sono cresciuta sana da una famiglia distrutta e ricostruita più volte, cosa fa pensare allo Stato che io non abbia il diritto e la capacità di creare una famiglia come tutti gli altri?

Mi sembrano molti i genitori eterosessuali che hanno commesso errori imperdonabili o che semplicemente non sono stati in grado di crescere persone decenti. Nessuno va a dire agli assassini di donne che sono ciò che sono perché sono stati cresciuti da coppie etero che hanno riprodotto il sistema patriarcale-oppressivo nei loro figli a tal punto da confonderli sul limite alla violenza.

Ecco qua che oltre al fastidio di non essere considerata al pari dei miei concittadini, subentra un ulteriore dubbio. Di chi è la responsibilità? A chi devo parlare per chiedere di cambiare?

Ho conosciuto storie di donne intimidite dalle leggi, ma che si sono trovate davanti a grande umanità, supporto, e rispetto. Gli Italiani riescono spesso a stupirti per la loro quotidiana accoglienza. Quindi mi chiedo se la situazione attuale non sia dovuta in parte ad una grande negligenza nei confronti di cittadini che è comodo ignorare?

Io stessa ero impaurita all’idea di fare coming out, ma sono stata ricevuta con le reazioni migliori che mi potessi aspettare: mio papà mi ha risposto “ok, mi passi il pesce?” e mia mamma mi ha detto che non avrei neanche dovuto fare coming out perché l’orientamento sessuale di una persona dovrebbe essere irrilevante.

Le azioni politiche degli ultimi anni e mesi sembrano venire da un nucleo politico che ha bisogno di una polemica dopo l’altra per vincere i voti di coloro che, isolati dal mondo, vedono l’omosessualità come una scelta sporca, un pegno di inferiorità e peccato. E’ così? Da dove arrivano i voti per la nostra classe politica? Che visi hanno? Dove vivono? E che lavoro fanno? Chi è questa Italia che non conosco?

Spesso sembriamo dimenticare che lo Stato ed il governo sono fatti dai cittadini, che lavorano per i cittadini. Ci illudiamo di non avere potere di cambiare le cose perché non vogliamo avere responsabilità, ed allora ci comportiamo come se la classe politica non rispondesse a noi. A noi Italiani piace lo Stato che si occupa di noi e ci dice cosa fare come se fosse un genitore. Ecco dunque i ragazzi e gli adulti che fin da piccola mi hanno detto che “è così e non c’è niente da fare.” Ecco dunque i colleghi e gli amici che, si, gli dispiace, ma al pride non ci vengono, perché dopo tutto cosa possono farci loro?

I politici che in TV gridano che i gay “spacciano” bambini e “uteri in affitto,” quelli che sono abbastanza vili da avere un busto di Mussolini in sala da pranzo ma non abbastanza coraggiosi da ammettersi fascisti, i politici che rubano migliaia di euro in peculato, i politici che emendamento dopo emendamento bypassano il parlamento, non hanno fatto un colpo di stato. I politici che vogliono vietare ai figli delle coppie omogenitoriali di essere riconosciuti e protetti sono stati votati.

Se anche volessi e potessi sacrificare la mia vita per l’attivismo politico ed il riconoscimento dei miei pieni diritti, mi troverei davanti all'opposizione dei politici soli o anche a quella del resto degli italiani? I gay sono una minoranza, ma a quanti in Italia interessa preservare la libertà e la dignità di tutti?

Mi chiedo, come ho già fatto in passato, c’è spazio qua per me?

Se proprio devo pagare le tasse, almeno in cambio voglio che i miei diritti siano riconosciuti. Se a casa della mia compagna in Spagna posso trovare il Mediterraneo, i diritti, ed un lavoro, ed il mio paese non sembra volermi, allora perché restare?

Mia nonna mi ha cresciuta nel dialogo e nel rispetto nonostante le differenze. Mia nonna non era né mia mamma né mio papà. Sono state due donne a crescermi per la maggior parte della mia vita: mia nonna e mia mamma. Gli uomini sono venuti, sono stati parte della famiglia, sono stati amati, e se ne sono andati, eppure eccomi qua. Una persona che ha mille difetti, ma insomma, poi così male da meritarsi meno libertà degli altri, non direi.

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